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domenica 15 settembre 2013

Il genio sottile di Gianroberto Casaleggio


L’Italia è in mano ad un imprenditore, che manovra abilmente gli strumenti di comunicazione in suo possesso alla spietata ricerca del consenso elettorale, che poi impiega allo scopo di accrescere il tornaconto economico della propria azienda.
No, vi sbagliate, non stiamo parlando di Berlusconi. Ne parlano fino allo sfinimento eserciti di giornalisti orbi ossessionati dal cogliere ogni colpetto di tosse o verdurina incastrata tra i suoi dentoni rifatti, associandogli colossali tracolli dei massimi sistemi democratici.  Come se un vecchietto dai capelli finti, corrotto e puttaniere, al nadir della sua carriera politica possa davvero rappresentare un pericolo per la democrazia del nostro Paese e non essere solamente –quello sì- causa di una situazione di stallo.   
L’imprenditore di cui parliamo è Gianroberto Casaleggio, presidente della Casaleggio Associati s.r.l, una società informatica che si occupa di strategie di rete, e, soprattutto, co-fondatore con Beppe Grillo del Movimento Cinque Stelle, la più grande novità politica degli ultimi decenni. Casaleggio è il curatore del blog di Grillo, il blog più visitato al mondo nonchè principale organo di divulgazione delle idee del Movimento, che ha garantito ingenti guadagni alla Casaleggio Associati. Nato nel 2009, nel giro di pochi anni il Movimento di Casaleggio e Grillo è riuscito a diventare la prima forza politica del Paese raggiungendo ben il 25% dei voti alle politiche di Febbraio scorso. Con il vanto di non aver mai fatto uso di soldi pubblici per la campagna elettorale e soprattutto di aver utilizzato la Rete come unico strumento di aggregazione collettiva rifiutando canali di comunicazione tradizionali come giornali e televisioni.
Il messaggio della Rete come entità quasi esoterica in grado di nobilitare il popolo con la Verità che viene invece distorta dai media tradizionali, ha abbindolato milioni di italiani avviliti dalla crisi economica e dal marciume della politica tradizionale.   
Ma cosa c’è di vero in tutto ciò? Ben poco, a dire il vero.
Per definizione, la presunta Rete tanto idealizzata da Casaleggio e Grillo dovrebbe essere un medium senza gerarchie, dove le opinioni di qualsiasi individuo abbiano lo stesso valore, in senso utopisticamente iper-democratico. Ma Casaleggio non utilizza la Rete come piattaforma di condivisione delle idee, quanto come un diretto replacement del mezzo televisivo. La comunicazione di Grillo sul suo blog avviene infatti secondo i dettami del binomio leader-popolo che ha fatto la fortuna, ad esempio, dello stesso Berlusconi: sul blog di Grillo non c’è vera condivisione di idee, soltanto i post del leader che si guarda bene dal rispondere ai centinaia di commenti che piovono a cascata.  L’identificazione leader-partito (di nuovo, elemento tipicamente berlusconiano) è confermata anche dall’assenza di un vero e proprio sito/piattaforma per il Movimento Cinque Stelle, che si appoggia infatti al sito di Grillo. Il discusso divieto ai grillini di partecipare ai talk show televisivi, ipocritamente giustificato come un rifiuto snobistico dei vecchi media asserviti al potere, è piuttosto un chiaro tentativo di mantenere la centralità del Movimento sul suo leader ed evitare che qualcuno degli iscritti riesca davvero a farsi notare al pubblico di massa.
La Rete utilizzata come broadcaster delle idee di un singolo non si discosta affatto dalla televisione tradizionale, poco conta se venga fruita su uno schermo tv o su quello di un laptop.
Lo stesso Beppe Grillo non è affatto un personaggio della Rete. Nato come creatura di Antonio Ricci (il creatore di Striscia la notizia, ovvero della subdola fasulla informazione alternativa dell’era berlusconiana), Grillo si è affermato infatti come ruspante personaggio televisivo fino alla sua epurazione dalla Rai avvenuta nel 1986 a seguito di una battuta sui socialisti. Ma la cacciata dalla Rai è stata la sua fortuna piuttosto che una prematura rovina. "Mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte", chiedeva Nanni Moretti in Ecce Bombo. E’ chiaro come Grillo abbia fatto valere la prima ipotesi, rafforzando il suo mito di personaggio scomodo e vittima dell’establishment tradizionale che ne ha decretato poi la fortuna come politico.
Il contrasto tra rigida gestione verticistica e l’ipocrisia della iper-democrazia garantita dallo strumento Rete è il vero punto di forza della strategia di Casaleggio, che gli ha consentito uno spaventoso consenso sulle masse. Ma Casaleggio è un imprenditore, e come tale fa l’interesse della sua azienda. La cosa spaventosa è come sia riuscito a “vendere” il prodotto politico assicurando alla sua azienda un vertiginoso potenziale di guadagno ed espansione non ancora utilizzato.
L’imprenditore milanese ha saputo sfruttare una serie di fattori favorevoli al suo inedito progetto di "marketing politico"; la classe politica più indecente d’Europa, la crisi economica,  la generale ritrosia del popolo di massa di fronte alle novità tecnologiche (così da bersi qualsiasi favola sul loro straordinario potere e capacità di migliorarci). Conscio del fatto che in un popolo di cialtroni vince chi urla di più, ha scelto come suo portavoce un comico dalla voce tonante, già noto per l’attenzione ai temi sociali presente nei suoi spettacoli, dotato di straordinaria capacità dialettica. Inoltre, il suo portavoce è un personaggio  dalle mille contraddizioni,  in grado di fungere da specchio per le allodole di giornalisti/giornalai a caccia di sterili polemiche sulla presunta integrità morale dei leader politici, così da lasciare in secondo piano la strategia della Casaleggio Associati. Ha portato in Parlamento un esercito di sbarbatelli  tanto volenterosi e onesti quanto inconcludenti e inetti e per questo facilmente manovrabili, facendo comunque la gioia di tanti elettori esausti dalle facce rugose dei vecchi parassiti della Seconda Repubblica.
In tal modo, ha creato un impressionante bacino di utenti manipolabili dalla Casaleggio Associati senza che la quasi totalità di loro –qui è la vera novità- sia consapevole di ciò. Il genio sottile di Gianroberto Casaleggio è stato quello di rimanere in disparte, di manovrare i fili del suo progetto politico senza che nessuno lo conoscesse, volontariamente messo in ombra dalla personalità debordante del suo portavoce.  Nove elettori su dieci non sanno neanche chi sia, identificano Grillo come il vero motore/artefice del Movimento Cinque Stelle, e fino al famoso fuori onda del grillino Giovanni Favia (che ha parlato di totale assenza di democrazia interna al Movimento, con una gestione di Casaleggio spietata e vendicativa) nessuno aveva davvero un’idea chiara di quale fosse il suo ruolo.
Non sappiamo quali siano i piani di Casaleggio, se il suo rifiuto di formare un governo con il Partito Democratico, che pure ha scontentato molti elettori, sia parte di una strategia studiata in dettaglio o solo un grossolano errore. Non sappiamo quanto sia autentico il suo atteggiamento da silenzioso e schivo guru esoterico, quasi una specie di Steve Jobs con i capelli lunghi. Non sappiamo quale sia la vera finalità del progetto politico della Casaleggio Associati, come sfrutterà il suo enorme potenziale di vendita.
Quel che è certo, è che Casaleggio è implicitamente implicato in un conflitto di interessi non troppo diverso da quello di Berlusconi, con il vantaggio però di esserne formalmente fuori in quanto ufficialmente assente dalle istituzioni. E per questo più pericoloso.
Ma se il paragone con Berlusconi è complesso e forse prematuro, è chiaro come il sole che ci siano elementi di forte differenza tra i due. Il fine ormai evidente della discesa in campo del leader di Arcore era stato la salvaguardia delle sue aziende dal fallimento e la sua impunità giudiziaria. Casaleggio non è coinvolto in cause giudiziarie e la sua azienda non ha ufficialmente dimensioni paragonabili a quelle di Berlusconi. Ma l’ovvio fine del tornaconto economico si accompagna ad ipotesi più ambigue che hanno fatto fiorire una serie di ipotesi complottistiche. La più diffusa è quella che Casaleggio sia guidato dal Gruppo Bilderberg, e faccia dunque gli interessi della finanza internazionale.
Ma quello che invece ci preme sottolineare è la presenza, nel sito della Casaleggio Associati, di alcuni video che raccontano l’impatto dei mezzi di comunicazione nella storia della politica, dall’impero romano a Barack Obama. In uno di quei video, Casaleggio prevede lo scoppio di una terza guerra mondiale tra le democrazie dell’Occidente con libero accesso alla Rete e i regimi asiatici. Tale guerra durerebbe un ventennio e sarebbe combattuta con armi batteriologiche, fino a ridurre ad un miliardo di individui la popolazione umana. Il video termina con l’avvento nel 2054 di un governo planetario retto da un sistema di democrazia diretta  basata sulla Rete.
Sebbene nel corso di un'intervista lo stesso Casaleggio abbia definito questo video  un “gioco”, non ci lascia indifferenti il fatto che a mostrare una tale visione del futuro sia una persona con alle mani un enorme bacino di clienti/utenti inconsapevoli e per questo pericolosamente in grado di fondare nuovi totalitarismi.
E poi, in semplicità, quanti elettori del Movimento Cinque Stelle sanno di avere dato il voto ad un uomo che prevede la terza guerra mondiale tra sei anni a questa parte?