L’Italia è in mano ad un imprenditore, che manovra abilmente
gli strumenti di comunicazione in suo possesso alla spietata ricerca del
consenso elettorale, che poi impiega allo scopo di accrescere il tornaconto
economico della propria azienda.
No, vi sbagliate, non stiamo parlando di Berlusconi. Ne
parlano fino allo sfinimento eserciti di giornalisti orbi ossessionati dal
cogliere ogni colpetto di tosse o verdurina incastrata tra i suoi dentoni
rifatti, associandogli colossali tracolli dei massimi sistemi democratici. Come se un vecchietto dai capelli finti,
corrotto e puttaniere, al nadir della sua carriera politica possa davvero
rappresentare un pericolo per la democrazia del nostro Paese e non essere solamente
–quello sì- causa di una situazione di stallo.
L’imprenditore di cui parliamo è Gianroberto Casaleggio, presidente
della Casaleggio Associati s.r.l, una società informatica che si occupa di
strategie di rete, e, soprattutto, co-fondatore con Beppe Grillo del Movimento
Cinque Stelle, la più grande novità politica degli ultimi decenni. Casaleggio è
il curatore del blog di Grillo, il blog più visitato al mondo nonchè principale organo di divulgazione delle idee del Movimento, che ha garantito
ingenti guadagni alla Casaleggio Associati. Nato nel 2009, nel giro di pochi anni il
Movimento di Casaleggio e Grillo è riuscito a diventare la prima forza politica
del Paese raggiungendo ben il 25% dei voti alle politiche di Febbraio scorso. Con
il vanto di non aver mai fatto uso di soldi pubblici per la campagna elettorale
e soprattutto di aver utilizzato la Rete come unico strumento di aggregazione
collettiva rifiutando canali di comunicazione tradizionali come giornali e
televisioni.
Il messaggio della Rete come entità quasi esoterica in grado
di nobilitare il popolo con la Verità che viene invece distorta dai media
tradizionali, ha abbindolato milioni di italiani avviliti dalla crisi economica
e dal marciume della politica tradizionale.
Ma cosa c’è di vero in tutto ciò? Ben poco, a dire il vero.
Per definizione, la presunta Rete tanto idealizzata da
Casaleggio e Grillo dovrebbe essere un medium senza gerarchie, dove le opinioni
di qualsiasi individuo abbiano lo stesso valore, in senso utopisticamente
iper-democratico. Ma Casaleggio non utilizza la Rete come piattaforma di
condivisione delle idee, quanto come un diretto replacement del mezzo televisivo. La
comunicazione di Grillo sul suo blog avviene infatti secondo i dettami del
binomio leader-popolo che ha fatto la fortuna, ad esempio, dello stesso
Berlusconi: sul blog di Grillo non c’è vera condivisione di idee, soltanto i
post del leader che si guarda bene dal rispondere ai centinaia di commenti che
piovono a cascata. L’identificazione
leader-partito (di nuovo, elemento tipicamente berlusconiano) è confermata
anche dall’assenza di un vero e proprio sito/piattaforma per il Movimento
Cinque Stelle, che si appoggia infatti al sito di Grillo. Il discusso divieto
ai grillini di partecipare ai talk show televisivi, ipocritamente giustificato
come un rifiuto snobistico dei vecchi media asserviti al potere, è piuttosto un
chiaro tentativo di mantenere la centralità del Movimento sul suo leader ed
evitare che qualcuno degli iscritti riesca davvero a farsi notare al pubblico
di massa.
La Rete utilizzata come broadcaster delle idee di un singolo
non si discosta affatto dalla televisione tradizionale, poco conta se venga
fruita su uno schermo tv o su quello di un laptop.
Lo stesso Beppe Grillo non è affatto un personaggio della
Rete. Nato come creatura di Antonio Ricci (il creatore di Striscia la notizia,
ovvero della subdola fasulla informazione alternativa dell’era berlusconiana),
Grillo si è affermato infatti come ruspante personaggio televisivo fino alla
sua epurazione dalla Rai avvenuta nel 1986 a seguito di una battuta sui
socialisti. Ma la cacciata dalla Rai è stata la sua fortuna piuttosto che una
prematura rovina. "Mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte",
chiedeva Nanni Moretti in Ecce Bombo. E’ chiaro come Grillo abbia fatto valere
la prima ipotesi, rafforzando il suo mito di personaggio scomodo e vittima dell’establishment
tradizionale che ne ha decretato poi la fortuna come politico.
Il contrasto tra rigida gestione verticistica e l’ipocrisia
della iper-democrazia garantita dallo strumento Rete è il vero punto di forza
della strategia di Casaleggio, che gli ha consentito uno spaventoso consenso sulle
masse. Ma Casaleggio è un imprenditore, e come tale fa l’interesse della sua
azienda. La cosa spaventosa è come sia riuscito a “vendere” il prodotto
politico assicurando alla sua azienda un vertiginoso potenziale di guadagno ed
espansione non ancora utilizzato.
L’imprenditore milanese ha saputo sfruttare una serie di
fattori favorevoli al suo inedito progetto di "marketing politico"; la classe
politica più indecente d’Europa, la crisi economica, la generale ritrosia del popolo di massa di
fronte alle novità tecnologiche (così da bersi qualsiasi favola sul loro
straordinario potere e capacità di migliorarci). Conscio del fatto che in un
popolo di cialtroni vince chi urla di più, ha scelto come suo portavoce un
comico dalla voce tonante, già noto per l’attenzione ai temi sociali presente
nei suoi spettacoli, dotato di straordinaria capacità dialettica. Inoltre, il
suo portavoce è un personaggio dalle
mille contraddizioni, in grado di
fungere da specchio per le allodole di giornalisti/giornalai a caccia di
sterili polemiche sulla presunta integrità morale dei leader politici, così da
lasciare in secondo piano la strategia della Casaleggio Associati. Ha portato
in Parlamento un esercito di sbarbatelli tanto volenterosi e onesti quanto inconcludenti
e inetti e per questo facilmente manovrabili, facendo comunque la gioia di
tanti elettori esausti dalle facce rugose dei vecchi parassiti della Seconda Repubblica.
In tal modo, ha
creato un impressionante bacino di utenti manipolabili dalla Casaleggio Associati
senza che la quasi totalità di loro –qui è la vera novità- sia consapevole di
ciò. Il genio sottile di Gianroberto Casaleggio è stato quello di rimanere in
disparte, di manovrare i fili del suo progetto politico senza che nessuno lo
conoscesse, volontariamente messo in ombra dalla personalità debordante del suo
portavoce. Nove elettori su dieci non
sanno neanche chi sia, identificano Grillo come il vero motore/artefice del
Movimento Cinque Stelle, e fino al famoso fuori onda del grillino Giovanni
Favia (che ha parlato di totale assenza di democrazia interna al Movimento, con
una gestione di Casaleggio spietata e vendicativa) nessuno aveva davvero un’idea
chiara di quale fosse il suo ruolo.
Non sappiamo quali
siano i piani di Casaleggio, se il suo rifiuto di formare un governo con il
Partito Democratico, che pure ha scontentato molti elettori, sia parte di una
strategia studiata in dettaglio o solo un grossolano errore. Non sappiamo
quanto sia autentico il suo atteggiamento da silenzioso e schivo guru esoterico, quasi
una specie di Steve Jobs con i capelli lunghi. Non sappiamo quale sia la vera
finalità del progetto politico della Casaleggio Associati, come sfrutterà il
suo enorme potenziale di vendita.
Quel che è certo, è che Casaleggio è implicitamente
implicato in un conflitto di interessi non troppo diverso da quello di
Berlusconi, con il vantaggio però di esserne formalmente fuori in quanto
ufficialmente assente dalle istituzioni. E per questo più pericoloso.
Ma se il paragone con Berlusconi è complesso e forse
prematuro, è chiaro come il sole che ci siano elementi di forte differenza tra i due. Il fine ormai
evidente della discesa in campo del leader di Arcore era stato la salvaguardia
delle sue aziende dal fallimento e la sua impunità giudiziaria. Casaleggio non
è coinvolto in cause giudiziarie e la sua azienda non ha ufficialmente
dimensioni paragonabili a quelle di Berlusconi. Ma l’ovvio fine del tornaconto
economico si accompagna ad ipotesi più ambigue che hanno fatto fiorire una
serie di ipotesi complottistiche. La più diffusa è quella che Casaleggio sia
guidato dal Gruppo Bilderberg, e faccia dunque gli interessi della finanza
internazionale.
Ma quello che invece ci preme sottolineare è la presenza,
nel sito della Casaleggio Associati, di alcuni video che raccontano l’impatto
dei mezzi di comunicazione nella storia della politica, dall’impero romano a
Barack Obama. In uno di quei video, Casaleggio prevede lo scoppio di una terza
guerra mondiale tra le democrazie dell’Occidente con libero accesso alla Rete e
i regimi asiatici. Tale guerra durerebbe un ventennio e sarebbe combattuta con
armi batteriologiche, fino a ridurre ad un miliardo di individui la popolazione
umana. Il video termina con l’avvento nel 2054 di un governo planetario retto
da un sistema di democrazia diretta basata
sulla Rete.
Sebbene nel corso di un'intervista lo stesso Casaleggio
abbia definito questo video un “gioco”, non ci lascia indifferenti il
fatto che a mostrare una tale visione del futuro sia una persona con alle mani
un enorme bacino di clienti/utenti inconsapevoli e per questo pericolosamente
in grado di fondare nuovi totalitarismi.
E poi, in semplicità, quanti elettori del Movimento Cinque
Stelle sanno di avere dato il voto ad un uomo che prevede la terza guerra
mondiale tra sei anni a questa parte?