Trascriviamo con scrupolo filologico il discorso con cui Luca Luciani, numero uno di Tim Brasil e indicato come futuro direttore generale di Telecom Italia, ha incitato alla riscossa i venditori Tim in una convention a Roma:
“Questo è il messaggio a cui tengo molto. Perché ho la faccia incazzata? Ho la faccia incazzata perché respiro... sfiducia, respiro... aria di aspettativa, respiro... quelle facce da senso critico come quando uno vede una partita di pallone non ce la fa tutti sono professori... perchè? Perchè la gente legge i giornali, vede il titolo, si rimbalza, si crea dei grandi film che sono tutte cazzate. Oggi non parlo di Alessandro parlo di Napoleone. Napoleone a Waterloo, una pianura, in Belgio, fece il suo capolavoro. Tutti lo davano per fatto, per cotto, per la supremazia degli avversari, ci aveva cinque grandissime nazioni contro, delle forze in campo. Però strategia, chiarezza delle idee, determinazione, forza, Napoleone fece il suo capolavoro a Waterloo. Allora le facce scettiche, le facce di..., non servono a un cazzo. Questa è una delle aziende più belle che esiste al mondo. E allora, forte di questa convinzione, noi dobbiamo dimostrare che questo è un fatto. Piangersi addosso non serve assolutamente a niente. E come nel momento duro, dagli spalti la gente ti dice “Eh, la squadra non gira, non corrono...”, bene: correte di più, stringete i denti. Prova di carattere. E allora dagli spalti vi applaudiranno. Perchè voi andrete e segnerete. Come fece Napoletone a Waterloo.”
Non è intenzione in questa sede commentare la clamorosa gaffe storica di Napoleone (o Napoletone?) vincitore a Waterloo, su cui già si è detto e ironizzato tanto sul web. E neanche liquidare con facile sarcasmo la persona di Luca Luciani, di cui non sappiamo nulla, e magari al di là di questo increscioso episodio è anche un manager di valore.
Immaginiamo piuttosto che la scena vista appartenga ad una di quelle caustiche commedie all’italiana del tempo che fu. Uno di quei film che non si vergognavano di mettere in scena i mostri dell’Italia di ieri e che oggi sono sempre più rari (i film, non i mostri...). Cosa vedremmo in questa commedia? Un manager belloccio, fisico ma anche espressività facciale da tronista, convinto del proprio carisma, che sembra ripetere a memoria un discorso che lui crede assai colto, ma non si accorge di un’imbarazzante povertà di linguaggio (ma come si fa a dire “una partita di pallone”? Aveva forse in mente la canzone di Rita Pavone?), dell’incapacità di usare congiuntivi o costruire periodi complessi senza perdersi per strada. E soprattutto, di usare espressioni appropriate e similitudini che non siano assolutamente fumose.
Un paio di esempi. Luciani è infastidito dal respirare “aria di aspettativa” e quelle che chiama “facce da senso critico” (si respirano???). E per spiegarsi meglio, usa la più risaputa delle similitudini sportive. Le “facce da senso critico” di quelli che si ergono a giudici delle scelte tattiche di un allenatore o delle capacità di un giocatore in una partita di calcio. Almeno questo è quello che crediamo di intuire dalla frase usata da Luciani:
“quelle facce da senso critico come quando uno vede una partita di pallone non ce la fa tutti sono professori”
Non bisogna avere spirito critico, sembra dirci Luciani, non siamo tutti professori. Se non si è professori è meglio stare zitti. Anche perché, continua:
“la gente legge i giornali, vede il titolo, si rimbalza, si crea dei grandi film che sono tutte cazzate”
Ovvero, all’incirca, la gente si lascia influenzare dai titoli dei giornali e costruisce convinzioni che poi si rivelano castelli di carta (il soggetto del “si rimbalza” ci rimane ancora ignoto).
Luciani non si accorge della contraddizione insita in queste due frasi del suo discorso. Non se ne accorge perché forse nella sua testa non c’è, ma purtroppo nel linguaggio da lui utilizzato esiste eccome. In sostanza, ciò che Luciani afferma, forse convinto di dire altro, è che non bisogna avere aspettative (su cosa???), non bisogna essere critici e infine non bisogna lasciarsi influenzare da ciò che dicono gli altri.
Caro Luca, di solito è chi non ha senso critico che si lascia influenzare facilmente da gli altri, e non viceversa. E se fosse vero, come suggerisci tu, che non bisogna “criticare”, ciò dovrebbe valere anche per te che invece sembri convinto di riconoscere “i professori” da chi del “senso critico” ha solo la “faccia”.
Le parole sono importanti, chi parla male pensa male, vive male, diceva Nanni Moretti.
E in un monologo che alla fine partorisce il solito trito incoraggiamento a "stringere i denti", ciò che più sorprende è la sicurezza con cui Luciani sembra convinto di sdoganare il linguaggio da simil-caserma agli alti livelli manageriali. L’utilizzo di espressioni come “faccia incazzata”, “sono tutte cazzate”, “non servono a un cazzo” appare tutt’altro che spontaneo e in tal senso lontanissimo dall’essere liberatorio o irriverente. Sembra infatti che Luciani abbia riflettuto a lungo su dove spingere i confini del suo linguaggio, con l'ambizione forse di fondare un nuovo paradigma della comunicazione manageriale. Tempo perso, caro Luca. Forse sarebbe stato più utile cercare Napoleone su Wikipedia.
Il Luca Luciani di questo video è un grande mostro da commedia all'italiana. Perfetta immagine dell'arrivista che si fa strada sgomitando e sfoggiando pressapochismo da battaglia. Perché l'importante è avere la "faccia incazzata", e poco conta se non si è in grado di spiegarne il motivo. Quanto poi questa immagine corrisponda alla vera persona di Luciani, non siamo in grado di dirlo. Per ora ci godiamo lo spettacolo.