L’abruzzese Marcello Macchia (in arte, Maccio Capatonda) è diventato famoso in tutta Italia con una serie di brevi video inizialmente trasmessi in tv dalla Gialappa’s e poi diventati oggetti di culto su youtube, dove registrano migliaia di visualizzazioni ogni mese. Finti trailer concepiti come parodie dei più popolari generi d’intrattenimento, dal thriller al melodramma, dalla fiction agiografica alla commedia natalizia. Ma anche finti servizi di cronaca nera, spot pubblicitari in stile Carosello, videoclip, miniserie, sketch e tanto altro. Una mole impressionante di video caratterizzati da ribaltamenti iberbolici del senso comune, svarioni linguistici, giochi tautologici e derive nonsense, dove interpreti dalla discutibile fotogenia creano personaggi strepitosi come il plurirattristato Mariottide (pungente parodia dei lagnosissimi cantautori partenopei), il citrullo Herbert Ballerina, il viscido Rupert Sciamenna e l’isterica Anna Pannocchia.
In particolare Mario, una serie in diciotto puntate prodotta da MTV, è in un certo senso il suo canto del cigno. La serie racconta la storia del pluritelegattato conduttore di un telegiornale nazionale che viene acquistato dalla Micidial Corporation, una losca multinazionale che impone i propri sponsor e che è forse responsabile della sparizione del precedente direttore. Mario si trova dunque costretto a condurre il telegiornale in condizioni sempre più ristrettive e umilianti, e allo stesso tempo deve indagare sui misteri della Micidial. Oltre a portare avanti l'intricata vicenda, ogni puntata offre anche numerosi servizi giornalistici in puro stile Capatonda.
Mario e in generale i video di Maccio Capatonda sono sicuramente perfetti per una serata pizza e birra con gli amici, magari con un proiettore e un laptop connesso a youtube.
Eppure, ci sembra di scorgere nei giochi linguistici e nel nonsense di Maccio Capatonda ben altro che un semplice divertimento goliardico. In un Paese in cui la cui comicità è fossilizzata tra i soliti regionalismi nord/sud e la scatologia da cinepanettone, Maccio Capatonda è forse l'unico a proporre qualcosa di assolutamente nuovo. E graffiante. Prende di mira conflitto d’interessi, lo strapotere manipolatorio del mezzo televisivo, la corruzione e la malpolitica, la meschinità e l’ipocrisia, la retorica nostalgica da come eravamo, l’instupidimento generale e l’oscenità da prime time. In altre parole, prende di mira l’Italia. E lo fa con uno stile inedito, caleidoscopico e sulfureo, tra echi di commedia demenziale alla David Zucker e deviazioni surreali che forse non sarebbero dispiaciute a Buñuel. Si ride con ferocia, e alla fine ci resta in faccia un ghigno che fa male; il mondo-incubo raccontato da Maccio Capatonda non è poi così lontano da quello reale.
Quella di Maccio Capatonda è la comicità più tagliente e originale che si sia vista in Italia dai tempi dei primi Fantozzi. Che qualcuno se ne accorga e gli dia lo spazio che merita.
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