Suonano alla porta mentre sei sul divano con le cuffie dell'iPod alle orecchie e sgranocchi pistacchi salati. Ti trascini svogliato all’ingresso, apri, e vedi una faccia che non ti sembra affatto nuova. Perché somiglia in maniera incredibile a quella che vedi ogni mattina davanti allo specchio, quando ti pettini i capelli e vorresti pettinarti anche il viso ma purtroppo non si può. La persona davanti a te ha due occhiaie pronunciate e un’espressione vagamente incartapecorita, la fronte più alta. Sorride e dice ciao, sono il tuo futuro te stesso, sono qui di passaggio e volevo dare un’occhiata e vedere com’ero diciannove anni fa. All'inizio non ci credi, ma poi pensi cavolo, mi somiglia troppo. La persona si accorge della tua sorpresa, tira fuori dal taschino interno della giacca tipo Belstaff la sua carta d’identità, e te la porge. Il tuo stesso nome, la tua stessa foto, appena un po’ ingiallita, praticamente lo stesso documento che tieni chiuso nella credenza, in cucina. Ma com’è possibile, chiedi, lui scrolla le spalle, una storia troppo lunga, dice.
Si fa largo nel tuo appartamento e si guarda intorno. Bottiglie vuote ovunque, pile di piatti nel lavabo, qualche libro e dvd sparso sul divano o sul pavimento. Sei un po’ in imbarazzo, a saperlo prima avresti dato una pulita, ma poi pensi chissenefrega, quello lì che è entrato sono io. Ti dispiace se mi faccio un tè alla menta. Prego, fai pure, trovi i filtri dietro il secondo sportello sotto il lavabo, vicino allo sgrassante per i fornelli. Lo so, ti dice. Ma come, chiedi tu. Che domande, risponde lui. Senza alcun indugio apre lo sportello, mette da parte lo sgrassante e pesca un filtro per il tè da una scatola cartonata. Poi si avvicina alla libreria, si mette in punta di piedi e afferra un pentolino da sopra l'enciclopedia Treccani, torna al lavabo, riempie d’acqua il pentolino e accende il fornello. Mentre l’acqua si scalda si volta verso di te e ti scruta con occhi penetranti e un sorriso enigmatico, senza pronunciare parola. Senti che quegli occhi ti leggono nel profondo, ti arrovelli il cervello nel trovare il modo di rompere il ghiaccio, che cazzo gli dico a questo, pensi. Quando l’acqua bolle, il tuo futuro te stesso apre il frigo e afferra la tua tazza di Pluto, poi versa l’acqua e va a sedersi al tavolo.
Si ricorda di dove diciannove anni prima aveva il pentolino per il tè e anche della tazza di Pluto, pensi tu. A quell'età non avrai ancora perso la memoria, meno male. E mentre lo osservi immergere il filtro nella tazza, poi tirarlo su e immergerlo di nuovo, pensi che il tuo futuro te stesso non è affatto male, non è decrepito come forse temevi. Poteva andare molto peggio, insomma. Inizia a sorseggiare lentamente il tè, guardandosi intorno, e rivolgendoti delle lunghe occhiate. In tutto quel tempo sei rimasto in piedi, rigido come uno stoccafisso. C’è il mio futuro me stesso davanti a me, pensi, è un’occasione unica, posso chiedergli come mi andranno le cose negli anni a venire. Ma le domande ti muoiono in gola, le parole non escono. Lui continua a scrutarti, sembra conoscere la tua ritrosia a domande di quel tipo. D’altronde, l’ha vissuta anche lui.
Finisce il suo tè, si alza e poggia la tazza sulla pila di piatti, poi dice che vorrebbe avere una birra, fai pure, dici tu. Lui apre il forno e sa perfettamente che le birre sono dentro la teglia rotonda per crostata, prende una lattina e la apre, la lattina emette un sibilo sordo. Va a sedersi sul divano, dove poco fa sgranocchiavi pistacchi. Infila una mano sotto, accanto al piede metallico sinistro, e tira su una scarpa Superga. Evidentemente ricorda che sei solito infilare lì il telecomando. Con un po' di fatica lo estrae dalla scarpa, accende il televisore e comincia a fare zapping. Non resta più di due secondi sullo stesso canale, sembra annoiato. Alla fine dice senti, ti chiedo un favore, per stasera vorrei rimanere qui, posso dormire sul divano, ma dovresti andare a comperare una coperta, so che non ne hai un’altra in casa, per piacere, vai dal grossista qui a fianco, poi ti restituisco i soldi. Va bene, rispondi, proprio non ce la fai a dire di no, ma quando esci di casa pensi che il tuo futuro te stesso comincia ad essere un po’ troppo invadente, per stanotte va bene che rimanga, ma che non diventi un’abitudine. Che se torni nel futuro a rompere i coglioni.
Compri una coperta di pail a prezzo stracciato e torni a casa. Non c’è nessuno sul divano, la tv ancora accesa, il telecomando infilato nella scarpa Superga. Sul tavolo è posato un foglietto di carta a quadretti. C’è scritto, con una calligrafia identica alla tua: “E’ stato bello rivederti, grazie di tutto”. Che tenero. Ha cambiato idea. E tu che eri già arrabbiato con lui.
Il mattino dopo ti svegli di buon umore. E’ stata una bella esperienza conoscere il tuo futuro te stesso. Mentre prepari un tè alla menta, pensi anche che potreste essere ottimi amici, tu e lui. Potrebbe venire a trovarti nel weekend, adesso hai la coperta, puoi ospitarlo senza problemi. Potreste uscire insieme il sabato sera a rimorchiare fanciulle, lui la sa sicuramente più lunga, potrebbe darti consigli preziosi.
O forse no. Forse non ne sa affatto di più. Getti uno sguardo alla tazza di Pluto su cui hai appena versato il tè e ti sorge un atroce sospetto. Forse non è vero che il tuo futuro se stesso ha un’ottima memoria. Forse sa dov'era posizionato il pentolino del tè e la tazza di Pluto perché è semplicemente dove va a prenderli ogni giorno anche lui, nel futuro. E anche lui mette le lattine di birra nello teglia rotonda da crostata, nel forno. E ha una scarpa Superga accanto al piede metallico sinistro del divano. Forse nulla è cambiato da adesso a diciannove anni. La tua esistenza è già cristallizzata e ancora non te ne sei accorto.
Preso dall'ansia apri la finesta e scaraventi via con forza la tazza di Pluto, che si rompe in mille pezzi sul muro del palazzo di fronte. Prendi il pentolino del tè e lo porti in camera da letto, lo nascondi sopra l’armadio dei vestiti. Poi torni in cucina, apri il forno, estrai le birre e le metti nella credenza. Peschi dallo sportello sotto il lavabo la scatola dei filtri del tè e la metti in frigo. Afferri la scarpa Superga sotto il divano, trovi l'altra scarpa sopra i dvd inpilati di Lost, scendi sotto casa e gli dai fuoco. Torni a casa, sollevi la seduta del divano e e ci infili sotto il telecomando. Esci di nuovo a comperare una tazza con un personaggio della Pixar disegnato sopra.
Il giorno dopo prendi il pentolino da sopra l’armadio della camera e lo infili nel forno. Nascondi i filtri del tè sotto il divano. Il telecomando in frigo. Le birre dentro l’armadio, tra i maglioni primaverili e le giacche autunnali. La tazza con il personaggio della Pixar finisce nella spazzatura.
Spossato, ti lasci cadere sul letto. Pensi al tuo futuro te stesso. Torna pure, brutto stronzo, non saprai mai dove ho la mia roba. Perché ogni giorno sarà in posti diversi. Ogni giorno la mia vita sarà diversa.
Sorridi. Dici che non lo saprà mai. Ma senti che verrà il giorno in cui troverai il posto giusto per le tue cose. E la tazza con l’illustrazione che ti piace davvero. A quel punto non potrai più fregarlo.