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domenica 15 luglio 2012

Habemus papam



Habemus papam di Nanni Moretti (visto con oltre un anno di ritardo in un cinema danese) sembra uno di quei film nati da un’ intuizione folgorante trasformata presto in ostinato capriccio, di quelli che solo cineasti all’apice della carriera possono permettersi nonostante, a carte in tavola e mente lucida, l’idea iniziale riveli poi la propria debolezza e pretestuosità.  In un certo senso, Habemus papam rappresenta infatti la materializzazione di uno di quei deliranti sogni morettiani generosamente centellinati nel cinema del regista romano, basti pensare al musical ambientato in pasticcieria in Aprile o al lupo mannaro di Sogni d’oro. Moretti dev’essere stato affascinato dall’immagine di un papa in crisi che incontra uno psicologo, nonché dall’idea di un torneo di pallavolo tra gli attempati cardinali tra le mura vaticane. E invece di farne una semplice clip come quelle già leggendarie de Il caimano, stavolta ci ha costruito attorno un’intera opera. 
Il problema è che, nel momento in cui si mettono in scena massimi sistemi come religione, scienza, psicanalisi, darwinismo e crisi esistenziale, le ambizioni del film crescono a misura esponenziale e con loro il rischio di fallimento. Habemus papam non è un film riuscito. I temi affrontati avrebbero richiesto ben altro coraggio, ispirazione e forza espressiva. Moretti racconta invece la sua incredibile vicenda con occhio minimalista e senza alcuna ricerca di realismo, con i porporati descritti come bonari buontemponi e Roma come una città colma di gente generosa e sempre disposta a farsi in quattro per aiutare un anonimo anziano in difficoltà. Una favola, dunque, ma semplicistica e fortemente irrisolta. Se nel precedente  Il caimano Moretti aveva avuto per la prima volta il coraggio di farsi da parte e lasciare l’intera scena al protagonista Silvio Orlando, qui se la spartisce con Michel Piccoli. Con il risultato che il film non riesce a scavare nelle inquietudini di questo papa né a dare un vero senso al suo criptico psicanalista. Certo, non mancano i momenti straordinari, come quando il papa rivela timidamente il suo sogno giovanile di diventare un attore, o l’immagine evocativa del balcone vuoto con le tende rosse mosse dal vento, o la scena dei cardinali che ondeggiano e battono le mani al ritmo di Todo Cambia di Mercedes Soza, o Moretti che arbitra la partita di pallavolo dei cardinali mentre sproloquia sulla spietatezza del darwinismo. Ma sono perle disperse in un generale grigiore. Forse Moretti voleva proprio mettere in scena la pretestuosità dei massimi sistemi davanti alle debolezze della vita. O forse il film va preso per quello che è, un divertissement. Che però divertente lo è solo a metà.


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