Una decina di anni fa mi ero preso una sbandata incredibile per la protagonista di
Fucking Åmål , uno dei miei film preferiti.
Straordinaria, magnifica, talentuosa, bellissima Rebecka Liljeberg. Avevo
registrato il film a notte fonda su Rai 2, e non facevo altro che rivederlo,
andando avanti e indietro con il telecomando del VHS alla ricerca dei suoi
primi piani. Ero ammaliato da quel viso pulito da fata dei boschi, dall’incredibile
espressività dei lineamenti, dai suoi silenzi impacciati carichi di fascino.
Sapevo che al minuto x della registrazione i suoi magnifici occhi neri
roteavano impacciati e si inumidivano di rabbia, che al minuto y aveva i
capelli legati a coda e sorrideva, che al minuto z voltava il baschetto bruno e
il suo profilo veniva accarezzato dalla luce del primo pomeriggio e rivolgeva
uno sguardo in macchina, e quindi a me che la guardavo sul teleschermo.
Con l’immaginazione sfrenata che si ha solo a vent’anni,
sognavo di partire ex-abrupto per Stoccolma, la città dell’attrice all’epoca
ventunenne, suonarle alla porta di casa e dirle: “Ciao, vengo dall’Italia e sono
innamorato di te, non fa niente che non mi vuoi, però voglio essere il tuo vicino
e riempirti di regali ed attenzioni finchè cambierai idea”. Mi avrebbe cacciato,
ma vedere per qualche istante il suo viso prima sorpreso, poi vagamente
infastidito, infine bonario come lo si è con i matti, sarebbe valso l’intero
viaggio.
Come ogni infatuazione, quella per Rebecka Liljeberg non
durò a lungo. I sogni sbiadirono presto la loro forza cromatica, e il senso del
reale e le scollature di alcune compagne di corso all’università tornarono per
fortuna ad insinuarsi nelle mie giornate.
Ma, quando si dice i casi della vita, qualche mese dopo ero
al festival del cinema di Venezia con un’associazione giovanile cui ero
iscritto, davo un’occhiata all’austero programma di seriosissime opere in
concorso, e il nome di Rebecka Liljeberg fece capolino nel cast del film Il
bacio dell’orso, del regista russo Sergei Bodrov.
Rilessi il nome tre o quattro volte, ma sarà lei? certo che
è lei, coglione, quante attrici di nome Rebecka Liljeberg vuoi che esistano?? Immediatamente
rinacque in me l’ardore di quelle serate spese a consumare le testine del
videoregistratore sul nastro di
Fucking Åmål.
Ok, era sicuramente lei, ma la domanda fondamentale a quel
punto era: Rebecka era al lido? Cercai di informarmi con i colleghi dell’associazione,
nessuno sembrava sapere chi diavolo fosse Rebecka Liljeberg. Ma dai, è quella
di
Fucking Åmål , non puoi non saperlo, dicevo. Ahh, ok, rispondevano, boo, non
lo so se c’è. Un attimo, si avvicinava un redattore vagamente gossipparo,
parlate del cast de Il bacio dell’orso? Ho visto il regista Sergei Bodrov
vicino al Palagalileo. E ‘sti cazzi, rispondevo io, ma Rebecka c’è? E chi è
Rebecka? Ok, lascia perde’.
Poi pensavo che era un gran colpo di fortuna che lei fosse
quasi sconosciuta, così non avrebbe avuto centinaia di fan rompicoglioni alle
costole, e avrebbe potuto dedicarmi più tempo. A patto che, effettivamente,
Rebecka fosse al lido.
Ebbene, Rebecka c’era. Pedinai uno dei redattori che doveva
incontrare il regista di quel film russo, e la vidi uscire dalle porte
scorrevoli dell’hotel Excelsior, dove si tenevano gli incontri con la stampa. Indossava
una t-shirt bianca e pantaloni neri larghi hip hop. Ci misi due secondi ad
accertare che fosse lei. Non c’era tempo per essere timidi e mi avvicinai a
passo rapido, vagamente agitato, riflettendo sul fatto che, quando attendi
impaziente qualcosa e poi finalmente ti capita, pensi sempre che avresti bisogno
di un minuto in più. Soltanto un minuto in più per distendere il battito
cardiaco e riorganizzare le idee.
Era davvero bassa, sotto al metro e cinquanta. La chiamai
per nome e non si girò. La richiamai a voce più alta e finalmente si accorse di
me. I’m your greatest fan ever, I saw all your movies, le dissi e le tesi la
mano, anche se non era vero, avevo visto solo Fucking Åmål e poi di film ne
aveva girati soltanto due. Lei mi sorrise e mi strinse la mano cortese,
biascicolò qualcosa come ohh nice, poi scese per un istante un imbarazzante silenzio, in cui mi sembrò di leggere sul suo sguardo un’espressione
del tipo “e adesso che vuole ‘sto pirla?”. Non volevo che il nostro incontro
finisse lì, e continuai a farle domandine generiche del tipo “è la tua prima
volta a Venezia? Quali sono i prossimi programmi?”. Lei rispondeva diligente e
con un sorriso di maniera, come chi va di fretta ma non vuole essere scortese.
Poi tirai giù lo zainetto che mi portavo appresso come uno scolaretto, ne tirai fuori un piccolo
block-notes e una penna, e le chiesi un autografo. Mentre mi scriveva una piccola dedica in inglese, l’impietosa luce bianca del
sole di mezzogiorno svelava piccole rughe precoci sul suo viso, e notai che le
guance e i fianchi erano più rotondi di quanto mi aspettassi. Era una Rebecka
più umana, una ragazza carina ma imperfetta come se ne vedono tante, che non
reggeva di certo il confronto con la Rebecka sullo schermo. Dopo l’autografo le
augurai il meglio per il futuro, lei ringraziò sorridendo ancora una volta e ci
salutammo.
Smisi presto di pensare a Rebecka Liljeberg, stavolta
definitivamente, ma quell’episodio rimane per me piacevolissimo ed emblematico.
Non tanto per l’esito dell’incontro in sè, ma per la fiducia verso le piccole
grandi sorprese che la vita può riservarti. Ti piace un’attrice straniera semisconosciuta
e naturalmente pensi che non avrai mai
modo di incontrarla, e invece pochi mesi dopo ti ritrovi faccia a faccia
proprio con lei, a scandire in maniera univoca tre interi minuti della sua
vita. Non di più, ma va bene così.
Dopo Il bacio dell’orso, Rebecka Liljeberg si è ritirata dal
mondo del cinema, ha ripreso gli studi e si è laureata in medicina. Oggi ha trentuno
anni, vive a Stoccolma con il fidanzato e ha tre figli.
In omaggio a questa grande ex-attrice, ecco nel video in
basso un’inarrivabile scena di Fucking Åmål (peccato per l’orrendo doppiaggio
italiano...).
Leggenda, bella storia questa!
RispondiEliminaIl doppiaggio non è affatto male, e Domitilla D'amico è molto brava.
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