Una videocamera amatoriale pedina una ragazza adolescente su
un aereo, al ritiro bagagli dell’aeroporto e poi sul vagone di un treno.
La sequenza di apertura di Io ballo da sola di Bernardo
Bertolucci è forse la nostra preferita in assoluto. Perché con la forza schiacciante dell’evidenza ci rivela la straordinaria capacità del cinema di cogliere la
bellezza del reale, di usare la macchina da presa come un faro che getta il suo
fascio luminoso su zone troppo spesso offuscate dall’ombra del banale.
Ad un vero
maestro del cinema non servono filtri ottici o effetti visivi da migliaia di
dollari per regalare un’emozione. E le immagini sgranate e tremolanti della
diciottenne Liv Tyler che si infila le cuffie del walkman, che si addormenta
con la fronte sul sedile anteriore, che con due borse pesanti esce a passo
rapido dalla zona arrivi dell’aeroporto, bruciano di verità e di incanto. I lineamenti
eleganti del suo viso bianchissimo, le dita lunghe e sottili, il riflesso dei denti tra la fessura delle labbra rosee, il filo lucido di saliva che le cola sul mento,
la postura involontariamente erotica mentre dorme sul treno, le infantili calze
rosa a fiorellini: la freschezza di un’adolescente delicatamente “rubata” dalla videocamera
di Bertolucci (non a caso il titolo originale del film è proprio Stealing
Beauty...) è anche la bellezza di chi scopre la vita, e quindi della vita stessa. Con le note pop-rock di una canzone -Rocket
Boy di Liz Phair- che sembra scritta apposta per accompagnare le immagini di
Bertolucci. Provare per credere.
Il cinema è questione di sguardi. E questo è grande cinema.
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