Ieri sera l’Italia ha battuto l’Inghilterra ai rigori,
qualificandosi per la semifinale degli Europei di calcio 2012. Siamo italiani
in Danimarca e ieri sera abbiam tifato Italia come se stessimo vedendo la
partita nella nostra madre patria. O forse con trasporto ancor maggiore. Le
motivazioni sembrano scontate: sentimento nazionale che si tinge di nostalgia,
la gioia di condividere l’evento con altri italiani e stringersi in un
piacevole volemose bene che per due
ore ci aiuti a dimenticare la sottile alienazione della vita all’estero, l’atavico
orgoglio calcistico del nostro popolo da celebrare in terra straniera. Lo
stesso potrebbe valere per altri popoli, ma gli italiani sono di solito i più casinari
e festaioli, a costo di apparire irritanti ai danesi più musoni. Potremmo
facilmente liquidare la nostra esuberanza con un’alzata di spalle e un
generico siam fatti così, e sicuramente i danesi non avrebbero obiezioni. Ma
c’è qualcosa di più delicato e profondo nel nostro gioire, nelle urla sfegatate
davanti alle prodezze di Pirlo e
Cassano, nel ritmo sostenuto dei cori da stadio. Un qualcosa che ha a che fare
con l’insicurezza che ci portiamo addosso. E che altrove cerchiamo di mascherare ripetendo in Italy... in Italy... ad ogni
discorso con gli stranieri, ostentando i clichè sul Belpaese più triti e
ritriti, cercando facili risate
nel raccontare le disavventure del berlusca. Ma quando le maschere cadono e siamo soli con
noi stessi, dobbiamo fare i conti con uno spettro che ogni italiano all’estero si
porta addosso. Il fantasma di un Edipo irrisolto. Quello di una madre patria
che ci ha promesso tanto e ci ha dato poco, che ci ha cullato generosa e si è
poi trasformata in un’indifferente statua di sale, che dimentica i suoi figli lontani e imbrigliata
nei suoi affari egoisti non muove un dito per riaverli indietro.
Ogni italiano ha nel
cuore le carezze del sole e la vertigine dell’azzurro, sia esso cielo o mare. Ogni
italiano è un pozzo di sentimenti coperti da un sorriso un po’ cialtrone. Ogni
italiano sa che qualsiasi esperienza un paese straniero gli proporrà, non varrà
mai come una passeggiata sulla spiaggia al chiaro di luna dopo aver divorato un piatto di
spaghetti alle vongole. Ogni italiano sa che sarà sempre e solo italiano,
dovesse vivere all’estero altri cent’anni.
Abbiamo lasciato la nostra madre patria un po’ per caso e
lei non se ne è neanche accorta. Forse non se ne accorgerà mai. Eppure continuiamo
a celebrarla. Siamo privilegiati, e lo sappiamo, perchè abbiamo mosso i nostri
primi passi nel paese più bello del mondo. E’ la sensazione di un sentimento
non corrisposto, un silenzioso tumulto interiore che ci rende vulnerabili
quando ci si riunisce per le partite della Nazionale, che ci spinge ad urlare, che ci fa commuovere davanti alle note, altrove retoriche e tronfie, dell’inno di
Mameli.
Forza, Italia. Italia forza, anzi.
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