Se nelle grotte di Postumia una stalattite millenaria si
stacca dal solido manto roccioso e c’è Ugo Fantozzi nelle vicinanze, puoi star
certo che gli cadrà in testa. Se c’è una bomba dalla miccia attivata e in
procinto di esplodere, sicuramente finità nei suoi calzoni. Se un maldestro
sciatore non riesce a controllare la direzione di atterraggio del suo salto dal trampolino e sfondando
la finestra di un ristorante finisce addosso all’ultimo commensale di una lunga
tavolata, sicuramente quel commensale è Ugo Fantozzi. Un ragazzino lancia in
aria un boomerang che invece di tornare indietro prende una traiettoria inattesa
e colpisce Fantozzi alla nuca. In un bar due signori
giocano a biliardo, uno di loro colpisce la palla a mò di leva e questa schizza
via dal tavolo e si incastra nella bocca di Fantozzi seduto al bancone. Un leone evade dallo zoo e corre affamato e
aggressivo per le strade cittadine, ma tutti i passanti fanno in tempo a
chiudersi nelle loro auto tranne uno che ha dimenticato le chiavi: Ugo
Fantozzi.
Come Fantozzi anche Marcello Dell’Utri, un signore canuto
con l’espressione da cerbero che ha anche qualche vaga somiglianza fisica con
il più famoso ragioniere d’Italia, sembra essere una calamita per la sfiga. Ma
nel suo caso la sfiga ha contorni e caratteristiche meno variegate. Non
stalattiti, bombe, leoni, boomerang o palle da biliardo: la sua sfiga sono i
mafiosi. Questo distinto intellettuale bibliofilo è funestato dai mafiosi che
come per caso si ritrovano ad essere involontarie comparse nella sua
irreprensibile quotidianità. I mafiosi sbattono su Dell'Utri come gli asteroidi di una pioggia meteoritica sull'Enterprise di Star Wars. Piovono mafiosi su Dell’Utri, insomma. Che
sfortunatamente sembra sprovvisto di ombrello.
Marcello Dell’Utri ingaggia
uno stalliere per la gestione dei cavalli del suo capo e si ritrova in casa il boss
palermitano Mangano.
Marcello Dell’Utri va al ristorante “Le Colline Pistoiesi”
di Milano, non ha prenotato e non c’è un tavolo libero, ma un gentile signore
che sta festeggiando il compleanno lo invita ad unirisi alla sua combriccola. E
quel gentile signore è il boss catanese Calderone.
Marcello Dell’Utri si reca a Londra per una mostra sugli
Etruschi. Mentre osserva deliziato frontoni templari e bighe in bronzo, il
pavimento improvvisamente cede e finisce sulla tavolata imbandita del ristorante
sottostante dove si festeggia il matrimonio del mafioso Jimmy Fauci, principale
gestore del traffico di droga tra Italia, Gran Bretagna e Canada.
Marcello Dell’Utri incontra Silvio Berlusconi nell’ufficetto
del sottoscala del palazzo della Edilnord. Convinti di trovarsi in un centro
commerciale e alla ricerca della porta del cesso del piano terra, in quella
stanzetta entrano anche i boss Bontate e Teresi.
Marcello Dell’Utri diventa amministratore delegato dalla Bresciano
Costruzioni e nell’associazione iniziano a confluire come per caso capitali
mafiosi, finchè deve chiudere per bancarotta fraudolenta.
Marcello Dell’Utri vuol preparare una cenetta a lume di
candela per la sua adorata signora ma si accorge che non ha il sale per le
sogliole gratinate, allora va a chiederlo ad un vicino di casa che non ha mai
incontrato finora. Ma prima che il cordiale vicino gli porga il contenitore di
coccio, la polizia irrompe bruscamente nell’appartamento e lo arresta: il
vicino era il boss catanese Corallo.
E questi sono solo pochi esempi dell’ingerenza involontaria
del signor Marcello Dell’Utri nella storia della mafia italiana. Un
impressionante numero di sfigatissime coincidenze, a sentir lui. C’è da star
certi che avrebbe preferito i boomerang e le palle da biliardo di Fantozzi. Ma
Fantozzi è un personaggio di fantasia creato dal grande Paolo Villaggio,
Marcello Dell’Utri è vivo e vegeto nonchè Senatore della Repubblica Italiana da
undici anni. Amico personale di Silvio Berlusconi e fondatore e “ideologo” di
Forza Italia. Condannato in secondo grado a sette anni di reclusione per
concorso esterno in associazione mafiosa.
Nell’agosto 2010, in virtù delle sue competenze di bibliofilo Marcello Dell’Utri fu invitato dall’associazione
ParoLario di Como per un intervento sui presunti diari di Mussolini. Ferocemente
contestato a colpi di “Mafioso”, “Baciamo le mani”, “Fuori la mafia dallo stato”,
Dell’Utri non riuscì a proferire parola e fu costretto ad abbandonare la
manifestazione scortato dalla polizia. Gli organizzatori infierirono sui
manifestanti, colpevoli di inneggiare alla Costituzione senza rendersi conto
che proprio in base alla Costituzione Marcello Dell’Utri non è mafioso, in
quanto solamente condannato in secondo grado e non in Cassazione. Tecnicamente
parlando, gli organizzatori di ParoLario hanno persino ragione. Ma si sa, i
cavilli tecnici sono la manna del popolo dei senza-vergogna. E la contestazione
di Como non ha nulla di tecnico, ma è piuttosto la cartina tornasole dell’esasperazione
di una parte (ahimè, ancora piccola) di popolazione di fronte all’imbarazzante
immoralità delle logiche di palazzo.
Nel giorno del trionfo giudiziario (leggasi: prescrizione)
del più grande salesman della storia d’Italia, apprendiamo che la Cassazione si pronuncerà su Dell’Utri in data 9 marzo prossimo. E finalmente questa
estenuante vicenda sarà finita. Il problema delle tragicommedie all’italiana è
che alla lunga smettono di far ridere e cominciano a fare pena. Il caso Dell’Utri
ha oltrepassato da tempo questa soglia. Per anni ci siamo sorbiti nelle interviste e nei talk show il
presunto candore alla Forrest Gump di chi attraversa le vicende più scabrose
della nostra storia recente fingendo di non capirci un accidente, e in più
lanciandosi in esternazioni sull’eroismo di certi mafiosi che sono un insulto
alle migliaia di vittime. Tra meno di due settimane, dunque, Marcello Dell’Utri
verrà finalmente condannato in via definitiva e finirà al gabbio. Il copione della tragicommedia prevede l’indignazione dei parlamentari
pidiellini che grideranno alla “scandalosa sentenza politica” e la pacata
soddisfazione delle opposizioni. Meno contento sarà il popolo italiano, che per
undici anni gli ha pagato lo stipendio di senatore. Ma si sa, probabilmente
alzerà le spalle e si consolerà dicendo che tanto
è tutto uno schifo.
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