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domenica 29 maggio 2011

Italiani in Danimarca: istruzioni per l'uso



Spesso e volentieri si parla di italiani all’estero, dell’Italia vista dall’estero e dell’Estero visto dagli italiani che ci vivono.
Siamo italiani in Danimarca e potremmo prodigarci in una serie di aneddoti su un paese freddo e ventoso dove il sabato i negozi chiudono alle due del pomeriggio e la gente adora l’alcol, le verdure crude e l’ananas sulla pizza, ma dove le condizioni lavorative e il rispetto per l’individuo sono anni luce avanti rispetto alla nostra amata/odiata patria. Ne parleremo più in qua, ma siamo certi che ci siano in giro altri blog che lo fanno. 
Oggi ci focalizziamo su qualcosa di diverso, visto che ci piace osservare non solo questo paese ma anche il comportamento dei nostri connazionali che vivono qui. Parliamo quindi di italiani in Danimarca. Sebbene noi stessi siamo chiamati in causa, cercheremo di essere lucidi e obiettivi.
Dopo lunghe osservazioni ci è parso di individuare tre distinte tipologie di comportamento dell’italiano in Danimarca. Non siamo tanto puerili da sparare giudizi su quale sia il comportamento giusto da seguire e quali siano sbagliati. Vivere all’estero non sempre implica l’essere esterofili convinti, soprattutto quando si vive in un luogo che non è certo alla ribalta internazionale.  Quasi tutti finiscono qui un po’ per caso, ad esempio per una borsa di studio Erasmus, e decidono poi di prolungare la propria permanenza quando si accorgono che le condizioni di vita che questo paese offre loro sono ben più appetitose di quelle della madre patria. Non ha alcun senso, quindi, giudicare il migliore comportamento da seguire. Limitiamoci a descriverli.
La prima tipologia di comportamento/stile di vita è quella dell’italiano e basta. Per italiano e basta si intende  un individuo che non nutre particolare interesse nel relazionare con persone di altri paesi, siano essi danesi o di qualsiasi altra parte del mondo. Consapevole di vivere in un paese ben diverso da quello in cui è nato e cresciuto, si limita ad osservarne dall’esterno i pregi e più spesso i difetti  per poi confabularne con altri italiani. Queste persone reagiscono al naturale disagio di vivere in Danimarca con una sorta di negazione della vita all’estero, per cui si sforzano di ricreare un microcosmo tutto italiano che li aiuti a dimenticare per un po’ di essere così lontani da casa. A questa scelta contribuisce la pigrizia nel parlare l’inglese, perchè rallenta e spesso anche limita la comunicazione. Sono dunque soliti organizzare pranzi, cene o uscite varie tutte rigorosamente tra italiani. Capita però a volte che uno o due non italiani finiscano un po’ per caso per partecipare a questi eventi; in molti casi sarà per loro un’esperienza assai poco piacevole in cui verranno sistematicamente dimenticati dagli altri nonchè, per forza di cose, esclusi dalla conversazione. Si potrebbe pensare che questo tipo di comportamento non sia tipicamente italiano ma corrisponda in generale a quello di qualsiasi individuo in un paese straniero; eppure finora è stato verificato solo con italiani e cinesi, dati sperimentali alla mano. Ciò è forse legato al campanilismo della nostra cultura, ma è solo un’ipotesi, in realtà non siamo ancora in grado di darne una spiegazione convincente. Quel che è certo, è che italiani di questo tipo si divertono parecchio nelle loro uscite ma spesso le loro conversazioni hanno un sapore amaro, un retrogusto di esilio persino opprimente.
La seconda tipologia è quella dell’italiano internazionale.  Vale a dire l’italiano che è consapevole delle opportunità di vivere in un paese straniero e vuole relazionare con chi si trova nella stessa condizione, non più di italiano all’estero, ma più in generale di persona all’estero. La presenza di realtà universitarie, di solito aperte a ricercatori e studenti provenienti da tutto il mondo, favorisce fortemente la diffusione di questa tipologia di comportamento. In molti casi l’italiano internazionale è una persona curiosa e aperta alle diverse realtà culturali.  Alcune volte invece questo tipo di interesse non c’è, e l’italiano internazionale frequenta stranieri semplicemente perché non c’è alcuna pigrizia o limite psicologico che gli impedisca di farlo. A volte soffre di un annoso senso di precarietà: la condizione di straniero è per sua natura provvisoria,  per cui può risultare difficile stabilire legami profondi con altri internazionali che potrebbero andar via nel giro di pochi mesi. Un atteggiamento tipico dell’italiano internazionale è quello di pavoneggiatore di clichè. Consapevole della naturale simpatia con cui gli stereotipi sul Belpaese vengono percepiti all’estero, sciorina con spavalderia un po’ cialtrona la sua sequela di lamentele per  il sole che non c’è , il mare,  la pizza la pasta l’espresso e a volte anche le coccole della mamma che gli mancano,  e poi con sguardo sornione spiega come nel suo paese il vero sport nazionale sia fregare il prossimo e come anche lui, in quanto italiano, non può non essere bravissimo in quello sport. E magari enfatizza il proprio gesticolare e alla fine mette su al juke box una canzone di Ramazzotti. Se questo atteggiamento può essere un comodo escamotage per rompere il ghiaccio, vedere italiani che ancora comunicano con persone che conoscono da anni aggredendoli a sciabolate di luoghi comuni triti e ritriti mette effettivamente tristezza.
La terza tipologia è quella dell’italiano che vuole integrarsi. Magari ha l’ambizione di rimanere in Danimarca piuttosto a lungo se non per sempre, e quindi si sforza di uscire dalla condizione esistenziale di straniero. E’ da dire che questa tipologia di comportamento è piuttosto rara, per una serie di motivi. Prima di tutto i danesi, sebbene civilissimi e cordiali, sono un popolo non apertissimo agli stranieri. Poi c’è il fatto che pochi sanno con certezza quanto tempo resteranno in Danimarca, e la precarietà è sicuramente nemica all’esigenza di integrazione con la realtà locale. Infine, lo stimolo per imparare la lingua danese è piuttosto basso, visto che l’inglese è qui praticamente una seconda lingua e il danese è difficile e bruttarello nonchè considerato un cattivo investimento dal punto di vista del curriculum (essendo parlato da cinque milioni di persone al mondo) . Gli unici italiani che ci sembrano essersi davvero integrati sono quelli che convivono con o hanno sposato  un/una danese. Queste persone ci riferiscono che i danesi non sono così chiusi come sembrano, quando hai imparato (bene) la loro lingua. Vorremmo provare per credere.
Abbiamo suddiviso la molteplicità dei casi in tre categorie abbastanza distinte. E’ ovvio che la realtà è molto più sfumata, e quasi nessuno degli italiani in Danimarca appartiene in maniera netta ad una sola delle categorie. C’è piuttosto una parte delle tre tipologie (o almeno delle prime due) in ognuno di noi, ma spesso uno degli aspetti predomina chiaramente sugli altri. Come accennato all’inizio, non ha alcun senso ergersi a giudici e dichiarare quale sia il miglior comportamento da seguire. Ognuno di noi sceglie come comportarsi a seconda della propria personalità, dei propri interessi e attitudini. Quel che è certo, è che vivere anche solo per qualche anno in un paese straniero è un’esperienza unica e irripetibile che merita di essere vissuta e assaporata fino in fondo, a volte anche forzando un’attitudine all’indolenza e al disinteresse. Questo è il nostro modesto parere.  Poi ognuno fa' come vuole.

martedì 3 maggio 2011

Aerei che danzano

Aerei che danzano. Due persone si ritrovano. L'ultimissima scena de L'uccello dalle piume di cristallo (vedi i primi cinquanta secondi del video sottostante) è forse una delle sequenze più onestamente romantiche della storia del cinema. Onestamente, ribadiamo. Perché ridotta all'essenziale. E, per contrasto, ha un montaggio virtuosistico, tant'è che, minchia, gli aerei sembrano davvero ballare. E la donna aspetta. E lui arriva. Niente frasette da baci Perugina. Niente ralenti e flou e lacrime e che duepalle di altro ne so. Solo gli aerei che danzano e un lui e una lei che si ritrovano. Quel che si dicono, poi, non sono certo cazzi nostri.