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domenica 19 gennaio 2014

La verità sul caso Harry Quebert



 

Un bel libro è un libro che dispiace aver finito, insegna l’anziano Harry Quebert, mostro sacro della letteratura americana, al giovane Marcus Goldberg, talentuoso scrittore travolto dallo strepitoso successo della sua opera prima e ora vittima del classico blocco da pagina bianca. Un’amicizia dal tono paterno coltivata per oltre un decennio, da quando Marcus era alunno del grande Harry Quebert all’Università di Burrows e il celebre scrittore ne aveva intuito lo straordinario talento. Ma un giorno viene rinvenuto uno scheletro sepolto nei pressi della villa di Harry Quebert, ad Aurora, nel New Hampshire; si tratta di Nola Kellergan, una ragazzina di quindici anni scomparsa oltre trent’anni prima e di cui non si era saputo più nulla. Harry viene accusato dell’omicidio della ragazzina, con cui rivela di aver vissuto all’epoca un’intensa e struggente storia d’amore che è anche stata ispirazione per la sua opera di maggior successo, Le origini del male. Marcus, convinto dell’innocenza del suo mentore, decide di indagare insieme alla polizia locale. E inizia finalmente a scrivere la sua opera seconda, incentrata sul caso Quebert, allo scopo di difendere il suo amico e riabilitarne la reputazione…
Molti dei best-seller di oggi sono carta straccia. Hanno un successo tanto clamoroso quanto effimero, pilotato da scientifiche tecniche di marketing, ma destinati però a finire nell’oblio più assoluto nel giro di pochi mesi. Altri, invece, hanno le carte in regola per sedimentare nella memoria e diventare i classici di domani.  Crediamo fermamente che La verità sul caso Harry Quebert appartenga alla seconda categoria. Il libro del giovane Joel Dicker è non solo un giallo appassionante e ricco di colpi di scena, concepito come un puzzle i cui elementi finiscono per combaciare alla perfezione solo nell’ultimo capitolo, ma anche feuilleton, romanzo di formazione e saggio di meta-scrittura. Uno stile di rara felicità aneddotica quello dello scrittore svizzero, ricco di ironia più o meno sotterranea, capace di disperdere una vicenda complessa in mille schegge narrative e di rifluirle poi in un solido corpus centrale senza mai allentare la presa sul lettore. Quasi ottocento pagine che inchiodano senza alcun cenno di stanchezza, per un romanzo che è anche e soprattutto un caloroso inno al potere della letteratura (e dell’immaginazione in senso lato) di plasmare e riscrivere le nostre vite.
Anche se crea dipendenza, leggetelo senza troppa fretta, quaranta/cinquanta pagine al giorno e non di più. O ne sentirete la mancanza troppo presto.


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