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lunedì 4 aprile 2011

Den Eneste Ene


Chissà se il regista e sceneggiatore americano Richard Curtis abbia mai visto Den Eneste Ene, ossia L’unico,  film danese del 1999 famosissimo in patria e sconosciuto all’estero, firmato da quella Susanne Bier che undici anni dopo avrebbe regalato alla Danimarca il suo secondo Oscar al film straniero con Hævnen.
Ce lo chiediamo durante la visione di un film che in diversi momenti sembra proprio un Love Actually alla scandinava, anche se la pellicola con Hugh Grant è uscita qualche anno dopo.  Anche qui ci sono coppie destinate a vita breve, bambini adottati, genitori vedovi, sorelle bruttine e impacciate, zitelle demodè alla perenne ricerca del grande amore, ma soprattutto c’è quell’ottimismo fasullo e un po’ melenso da commediola americana che però, in questi tempi torbidi, è quasi piacevole. 
Le vicende dell’estetista Sus, che già incinta di qualche  mese abbandona il marito italiano quando scopre che ha una seconda vita, e dell’operaio Niller, vedovo con una figlia adottiva a carico, scorrono su binari decisamente prevedibili. Però il film si lascia guardare con piacere. Perchè gli interpreti sono bravi e affiatati  (su tutti Paprika Steen nel ruolo della psicotica amica di Sus) e i dialoghi hanno un bel ritmo. La confezione non è forse accattivante come quella del film di Curtis, ma non c’è neanche l’insistenza nel trasformare i personaggi secondari a macchiette grottesche tipica delle commedie americane. 
Nota di demerito: fastidioso il personaggio di Andrea, marito italiano di Sus interpretato dallo svedese (!!!) Rafael Edholm, che sfodera tutti i luoghi comuni sull’italiano inaffidabile e fedifrago e si prodiga in una serie di intercalari da turista straniero come “Che bella!”, “Amore!”, “Mi scusi!”, "Pizzeria!". Ma tanto questo dà fastidio solo a noi.

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