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domenica 3 giugno 2012

Lost - seconda stagione




Il bunker con il pulsante misterioso da premere ogni 108 minuti. Altri reduci dello stesso disastro aereo confinati da selvaggi sul lato opposto dell’isola. I famigerati e sanguinosi others. Ma anche gravidanze miracolose, amori che in pochi giorni sbocciano e annegano in tragedia, delitti per errore, ritrovamenti strappalacrime, clamorosi voltafaccia, misticismo strampalato a gogò
La seconda stagione di Lost giustifica la natura di proemio della prima con un affastellarsi di eventi che lascia con il fiato sospeso anche lo spettatore più smaliziato. In tal senso, i flashback che costituivano la parte migliore della prima stagione sono adesso il punto debole: spesso ridondanti e posticci,  rallentano vistosamente il ritmo e si ostinano a psicanalizzare alcuni dei personaggi più simpatici azzerando leggerezza ed efficacia empatica (il grasso Hugo che mangerebbe per punire se stesso dopo esser stato causa di un incidente mortale, ma dai!).    
Vecchi trucchi da sceneggiatori consumati (il pulsante da premere può davvero causare la fine del mondo o è tutto un bluff? Il prigioniero misterioso è davvero un povero disgraziato o uno dei terribili others? Quando capiranno Jack e gli altri che Micheal li sta fregando?), intrecci narrativi che sfiorano il virtuosismo, sprezzo di qualsiasi verosomiglianza giustificato dalla presunta aurea mistery che stende il suo velo sopra tutto e tutti: ci si chiede perché tanto innegabile mestiere nella scrittura sia abbinato ad una regia così fiacca, che in barba a tutto questa madornale sforzo di penna non è in grado di creare un’inquadratura seducente che sia una. 
Ma chapeau a chi sa portare avanti una storia così complessa. Anche se a volte un briciolo di ironia qua e là non guasterebbe...

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