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lunedì 25 giugno 2012

Tifare Italia all'estero


Ieri sera l’Italia ha battuto l’Inghilterra ai rigori, qualificandosi per la semifinale degli Europei di calcio 2012. Siamo italiani in Danimarca e ieri sera abbiam tifato Italia come se stessimo vedendo la partita nella nostra madre patria. O forse con trasporto ancor maggiore. Le motivazioni sembrano scontate: sentimento nazionale che si tinge di nostalgia, la gioia di condividere l’evento con altri italiani e stringersi in un piacevole volemose bene che per due ore ci aiuti a dimenticare la sottile alienazione della vita all’estero, l’atavico orgoglio calcistico del nostro popolo da celebrare in terra straniera. Lo stesso potrebbe valere per altri popoli, ma gli italiani sono di solito i più casinari e festaioli, a costo di apparire irritanti ai danesi più musoni. Potremmo facilmente liquidare  la nostra  esuberanza con un’alzata di spalle e un generico siam fatti così, e  sicuramente i danesi non avrebbero obiezioni. Ma c’è qualcosa di più delicato e profondo nel nostro gioire, nelle urla sfegatate davanti alle prodezze di Pirlo e Cassano, nel ritmo sostenuto dei cori da stadio. Un qualcosa che ha a che fare con l’insicurezza che ci portiamo addosso.  E che altrove cerchiamo di mascherare  ripetendo in Italy... in Italy... ad ogni discorso con gli stranieri, ostentando i clichè sul Belpaese più triti e ritriti, cercando facili risate nel raccontare le disavventure del berlusca.  Ma quando le maschere cadono e siamo soli con noi stessi, dobbiamo fare i conti con uno spettro che ogni italiano all’estero si porta addosso. Il fantasma di un Edipo irrisolto. Quello di una madre patria che ci ha promesso tanto e ci ha dato poco, che ci ha cullato generosa e si è poi trasformata in un’indifferente statua di sale, che dimentica i suoi figli lontani e imbrigliata nei suoi affari egoisti non muove un dito per riaverli indietro.
Ogni italiano ha nel cuore le carezze del sole e la vertigine dell’azzurro, sia esso cielo o mare. Ogni italiano è un pozzo di sentimenti coperti da un sorriso un po’ cialtrone. Ogni italiano sa che qualsiasi esperienza un paese straniero gli proporrà, non varrà mai come una passeggiata sulla spiaggia al chiaro di luna dopo aver divorato un piatto di spaghetti alle vongole. Ogni italiano sa che sarà sempre e solo italiano, dovesse vivere all’estero altri cent’anni.
Abbiamo lasciato la nostra madre patria un po’ per caso e lei non se ne è neanche accorta. Forse non se ne accorgerà mai. Eppure continuiamo a celebrarla. Siamo privilegiati, e lo sappiamo, perchè abbiamo mosso i nostri primi passi nel paese più bello del mondo. E’ la sensazione di un sentimento non corrisposto, un silenzioso tumulto interiore che ci rende vulnerabili quando ci si riunisce per le partite della Nazionale, che ci spinge ad urlare, che ci fa commuovere davanti alle note,  altrove retoriche e tronfie, dell’inno di Mameli.  
Forza, Italia. Italia forza, anzi. 

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