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sabato 13 aprile 2013

Danimarca paradiso kafkiano




Immaginate di essere con un vostro amico in una via del centro di Silkeborg, una cittadina dell’entroterra danese. Cosa vedreste? Selciato a motivo regolare e, ai lati della strada, boutiques HM e Butler, un’ottica Synopsis , una caffetteria Baresso, un negozio di giocattoli BR, una cioccolateria Frellsen, il supermercato Netto, un negozio Fona per l’elettronica, un 7 Eleven, una chiesa luterana dalla torre bianca sullo sfondo. Immaginate adesso che il vostro amico decida, con il vostro consenso, di bendarvi, e vi conduca tenendovi per mano alla sua automobile. Adesso andiamo a Viborg, dice lui. Voi avete ancora la benda sugli occhi, ma sentite sotto di voi il motore e vi accorgete che l’auto si sta muovendo. Dopo circa un’ora, il vostro amico vi avverte di essere arrivati. Vi aiuta a scendere e vi conduce per mano in una via del centro di Viborg. Dopodichè, finalmente vi toglie la benda. La luce del primo pomeriggio vi inonda il viso, ma dopo qualche istante riuscite a mettere a fuoco ciò che avete davanti. Quale sarebbe a questo punto la vostra reazione? Se siete in Danimarca da poco, scoppierete a ridere e rimproverete il vostro amico per essersi preso gioco di voi. Infatti, ciò che vedete è  un selciato a motivo regolare e, ai lati della strada, boutiques HM e Butler, un’ottica Synopsis , una caffetteria Baresso, un negozio di giocattoli BR, una cioccolateria Frellsen, il supermercato Netto, un negozio Fona per l’elettronica, un 7 Eleven, una chiesa luterana dalla torre bianca sullo sfondo.  Non vi siete mai mossi da Silkeborg, pensate voi. Ma il vostro amico non vi ha ingannato: siete proprio a Viborg. Il centro di Viborg è un clone di quello di Silkeborg. E lo stesso potrebbe valere per Randers, Hadsund, Herning, Hjorring, Frederikshavn, Grenaa e molte altre cittadine. Che non sarete mai in grado di distinguere.
La Danimarca è un paese kafkiano dove le città sono tutte uguali. E per questo non esiste via d’uscita, se non salire su un aereo e virare a sud del mondo.  
Non ha senso visitare da turista l’entroterra danese. Visitata una cittadina, le hai visitate tutte. Così come le zone residenziali in centro sono una trafila di case in mattoni rossi dai tetti spioventi  e finestre bianche all’inglese, che sia Aalborg, Ahrus, Odense o Hostelbro, mentre in qualsiasi periferia primeggiano casermoni squadrati di colore bejge dalle finestre con l'aspetto di loculi mortuari. Talmente indistinguibili gli uni dagli altri che gli stessi abitanti devono controllare il numero civico per stare certi di entrare nel posto giusto.
Siete in qualsiasi città danese e volete un caffè? Andate al Baresso.
Dovete comperare il castello Lego di Harry Potter per vostro figlio? Andate al BR.
Una spesa con prodotti di qualità? Andate al Salling.
Una spesa con prodotti economici? Andate al Netto o al Super Brugsen.
Avete bisogno di una connessione Internet? Contattate la Stofa.
Cercate una teiera in acciaio? Andate all'Imerco.
E se per caso i modelli dell'Imerco non vi piacciono? Problemi vostri, la concorrenza non esiste, o se esiste è rappresentata da pochissime altre catene ad estensione nazionale. L'artigianato è inesistente. Qualsiasi prodotto immaginabile,  dalle tende veneziane alle lampade al neon, dai cesti di vimini ai comodini, dalle prese della corrente alle maniglie delle porte, in Danimarca è fornito da un oligopolio ristrettissimo di catene operanti a livello nazionale. Che offrono prodotti identici. Tutte le case hanno le stesse maniglie, le stesse chiusure ad incastro per le finestre, gli stessi rubinetti, lo stesso pavimento, le stesse sedie, persino gli stessi cessi. 
Anche i cibi sono tutti identici. Le frikadeller hanno lo stesso aspetto e sapore in qualsiasi ristorante, così come la flæskesteg, il fiskefilet con la remoulade, i rundstykker con il burro, gli smørrebrød con aringhe e pane nero, gli stjerneskud, il salmone in umido. Tutto preparato esattamente secondo lo standard, senza variazioni. Quante volte in Italia siamo soliti pensare cose del tipo: “L’impepata di cozze come la fa Vincenzone al ristorante Moro non la fa nessuno”. Concetti del genere sono probabilmente impensabili nella cultura danese. Le frikadeller sono frikadeller e basta, le prepari Knud o Lars o Pernille o Lisbeth che sia.
Le catene commerciali offrono tutto ciò di cui si ha bisogno, ma non offrono scelta. Perchè scegliere vuol dire esprimere preferenza, ed esprimere preferenza  vuol dire dichiarare la superiorità di un’offerta rispetto ad un’altra. Esprimere preferenza vuol dire rendere qualcuno scontento, vuol dire togliergli la serenità cui ha diritto. D’altronde, la Danimarca è il Paese che ha formulato la famigerata legge di Jante, che si riassume nei seguenti punti:
1. Du skal ikke tro du er noget! - Non credere di essere qualcosa di speciale.
2. Du skal ikke tro du er lige meget som os! - Non credere di valere quanto noi.
3. Du skal ikke tro du er kloger en os! - Non credere di essere più furbo di noi.
4. Du skal ikke innbille dig at du er bedre en os! - Non immaginarti di essere migliore di noi.
5. Du skal ikke tro du ved mere en os! - Non credere di saperne più di noi.
6. Du skal ikke tro du er mere en os! - Non credere di essere più di noi.
7. Du skal ikke tro at du duger til noget! - Non credere di essere capace di qualcosa.
8. Du skal ikke grine af os! - Non ridere di noi.
9. Du skal ikke tro at nogen kan lige dig! - Non credere che a qualcuno importi di te.
10. Du skal ikke tro du kan lære os noget! - Non credere di poterci insegnare qualcosa.

Sono “regole” repressive che uccidono l’iniziativa personale e/o privata, che viene percepita come sbagliata e immorale, come un deprecabile attacco al celebrato idillio sociale della patria di Andersen.
Sarà anche vero che un sistema del genere, inculcato fin dalla tenera infanzia, aiuta lo sviluppo di una società stabile, equalitaria, coesa e serena. 
Ma con gli occhi dello straniero, la serenità tanto strombazzata dai danesi non ci sembra affatto il risultato di un’autonoma e matura presa di coscienza nazionale, quanto di un subdolo lavaggio del cervello.
Reprimi ogni impulso di essere diverso e migliore degli altri, e sarai sereno. Coglione e sorridente come il personaggio di una sitcom americana.  Sei nel Paese più felice del pianeta, ti dicono tutti, lascia perdere il resto del mondo, è pieno di guai. Lavora trentasette ore a settimana, va' a lavoro in bicicletta perchè non inquini, anche se piove a dirotto e il vento ti prende a schiaffi , torna a casa alle quattro, fa' la spesa al Netto e regalati un blando hygge serale guardando How I met your mother grazie all’IP tv della Stofa, ubriacati nelle bettole del centro il sabato sera. A luglio vola a sud a comperarti la tua settimana di sole in Grecia, Italia o Spagna. A dicembre va' allo Julefrokost con i colleghi e prepara giochi dementi in cui tutti rideranno anche se non c’è nulla da ridere, perchè è una festa e nelle feste bisogna ridere, altrimenti la coesione e l’armonia del gruppo vanno a farsi benedire...
Mi spiace, ma non ci caschiamo. Questo sistema è fasullo ed ipocrita. Perchè gli uomini sono e rimangono animali feroci, e il compito della società è quello di arginare la loro esuberanza, ma non di lobotomizzarli.
I danesi sono sereni come lo è un cavallo selvaggio a cui è stata iniettata una damigiana di sedativo e ora osserva con occhioni da ebete i suoi simili a cui tocca correre all’ippodromo per campare.  
Per quanto ci riguarda, noi siamo dalla parte di chi continua a correre e sudare, di chi si scorda dei puntini sulle i, di chi colora gli album in bianco e nero con vistose uscite dai contorni.
Questa specie di Truman Show non ci va giù. Anche perchè, a differenza del film di Peter Weir, in Danimarca il cielo che ci sovrasta è più vero e incazzato che mai. 


4 commenti:

  1. c'é chi preferisce la corruzione al brutto tempo

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  2. Appoggio al 100%.
    Tutti noi siamo andati via dall'Italia incazzati, a tutti noi piace lo stipendio danese, la burocrazia inesistente, il rispetto delle regole.
    Ma dopo un pò di anni, molti di noi hanno realizzato quanto tu dici, molti di noi hanno capito che questo posto ci ha illuso e che ora ci sta lentamente ammazzando di monotonia, che non vuol dire non sapere come trascorrere il tempo (noi ci arrangiamo sempre in qualche modo), ma vuol dire avere una sensazione di appiattimento interiore che si spiega con ciò che tu hai detto. A questo aggiungo le notti insonni passate per colpa di danesi ubriachi che pisciano e vomitano la notte sotto casa, a fronte di rimproveri subiti sul bus dai danesi stessi quando tra noi italiani parliamo con un tono leggermente superiore al silenzio...o il loro nazionalismo estremo nel considerarti un ospite finchè non diventi ESATTAMENTE come loro (l'integrazione intesa come rispetto delle regole ed imparare la lingua non basta ai danesi, loro vogliono una completa assimilazione, devi essere come loro al 100%, anche in quello che mangi). Questo popolo mi ha deluso...non voglio dire che la soluzione è l'Italia, per carità, inutile ora rispondere confrontando corruzione e lavoro tra Italia e Danimarca, lo sappiamo già come è messa male l'Italia, ma sappiamo anche che la soluzione non si chiama Danimarca...

    /Simone (alla ricerca disperata di un lavoro nel mondo reale)

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  3. La svezia però, mi sembra un ottimo compromesso..

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  4. Concordo sulla Svezia come compromesso...

    /Simone.

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