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sabato 15 settembre 2012

Storiella teramana

Stanno a mangiare due mazzarelle giù allo Stronzo quando vedono Alfredo fuori al bar seduto su uno sgabello con una bottiglia di birra in mano, sguardo nel vuoto. 
Guarda, ci sta Alfredo, dice Giovanni. Sta da solo, sta a fare lo scompagnone, aggiunge Marco alzando  la voce e con la mano vicino alla bocca a mo’ di megafono per farsi sentire. Ma Alfredo non batte ciglio, con la mano stretta sul collo della Peroni dalla quale tira giù sorsi pesanti a intervalli regolari. 
Lascialo stare, dice Giovanni, mi sa che l’ha lasciato la sposa. 
Ma la sposa chi, chiede Marco. S’è rifatto la sposa il mese scorso, risponde Giovanni. Ma vaffangulo va, in quindici anni che lo conosco non l’ho mai visto con una femmina, dice Marco.  Sei un coccia a bicchieri, non ti ricordi Monica, chiede Giovanni.  Ah, è vero, annuisce Marco dopo un istante di riflessione. Ma quella era una zezzona, aggiunge. Zezzona o no, era la sposa.  E questa di adesso? Che cazzo ne so, non l’ho vista mai. Te lo dico io, quello racconda una frega di cazzate. E allora perché sta là fuori solo solo? Quello fa finta, solo per far credere che aveva la sposa... 
Passa lo Stronzo  a ritirare i piatti delle mazzarelle e chiede: ma lo conoscete quello là fuori? Sci, è un amico nostro, risponde Giovanni. E’ due ore che sta la’, ogni tanto entra  a comprare una bottiglia e poi si risiede, dice lo Stronzo. Aspetta, mo ci vado a parlare, dice Marco. 
Marco esce dal bar e si avvicina all’amico seduto allo sgabello.
Alfredo, ma com’è ‘sto fatto che ti ha lasciato la sposa, chiede Marco.
All’interno del bar lo Stronzo, con la panza e i capelli bianchi col riporto, scoppia a ridere tra i suoi baffetti e si volta verso Giovanni, ‘ngulo, delicato l’amico tuo, dice.  Ma Alfredo non si scompone, continua a fissare il nulla con la bottiglia ormai vuota in mano. 
Dai Alfre’, che cazzo te ne frega, te ne trovi una meglio, dice Marco, pure a me l’anno scorso mi ha lasciato la sposa, e ti dico, meglio soli che male accompagnati. 
Silenzio. Anche Giovanni e lo Stronzo osservano curiosi la scena. 
Dai Alfre’, vieni a mangiare due mazzarelle con noi, lasciala perdere cullì. 
Nessun cenno di risposta. Nessun movimento. 
Marco comincia ad innervosirsi. Alfre’, porco mo se ne va, rispondi!, dice.
Si avvicina e con la mano gli scuote una spalla. Alfredo ha un sussulto e si alza in piedi. Si volta verso Marco. E’ molto più alto di lui, ha un’espressione gelida sul viso. Marco ne è quasi intimorito, indietreggia di un passo.
Non mi ha lasciato la sposa, dice Alfredo scandendo con perizia ogni parola. L’ho lasciata io, la sposa, aggiunge con orgoglio. 
Silenzio, di nuovo. Marco cerca di fare lo spavaldo ma è  intimorito dallo strano comportamento di Alfredo.
Ahh, vabbe’, sicuramente hai fatto bene, dai entra, dice. E gli da’ una pacca sulla spalla.
Non mi toccare per piacere, soggiunge Alfredo, gelido.
E la madonna, sussurra Marco sorpreso, ma che t’ho fatto?
Tu hai accimentato la sposa mia, dice Alfredo a denti stretti. 
Marco spalanca la bocca incredulo. Ma stai scherzando? Ma stai fuori di coccia? Io non so manco chi è la sposa tua.
Lo sai, lo sai, dice Alfredo alzando leggermente la voce. 
Ma che dici? Ma che so? Anzi, mo te lo dico, tu secondo me la sposa manco ce l’hai, tu ti inventi un sacco di cazzate, dice Marco. Le ultime sillabe di ‘cazzate’ le pronuncia quasi sussurrando, pensando di essere un po’ troppo duro.
Simona, la conosci, coglione? chiede Alfredo.
Marco alza le spalle e fa lo gnorri. No, chi è?
Alfredo si avvicina e punta il fondo della bottiglia in direzione viso di Marco.
Quant’è vera la madonna ti spacco la bottiglia sulla coccia, dice.

La minaccia di Alfredo gli rinfresca bruscamente la memoria. Ieri sera alle nove stava vicino a piazza Verdi a comprare il fumo da un cellangulo di quattordici anni che gli aveva chiesto quaranta euro, e lui ce ne aveva trenta, ma c’era pure una ragazza, bianca bianca, magra magra, con i piercing sulle labbra e sul naso, un po’ zezzona, lei ha ricacciato venti carte e il cellangulo ha dato un tocco anche a lei. Alla fine Marco e la ragazza si sono attrezzati un prefone insieme, e mentre fumavamo seduti sui gradini della piazza la ragazza rideva, diceva cose senza senso, non finiva una frase senza scoppiare a ridere di nuovo, e alla fine si era avvicinata di più a Marco e gli aveva dato un bacio, e Marco il bacio se l’era preso con un po’ di repulsione, perché gli fanno senso i piercing. Poi gli aveva chiesto il numero, lui glielo aveva dato, se ne era fregato di avere quello della ragazza. Che si chiamava Simona, sì, adesso si ricorda. Poi l’aveva salutata e se ne era andato a casa. Lei gli aveva mandato un paio di messaggi, diceva che dovevano rivedersi, e mentre li leggeva Marco aveva la testa altrove, pensava: sono solamente io il coglione che va a dare trenta euro a un cellangulo di quattordici anni.

Ma adesso Marco è davanti ad Alfredo. Che sta ingazzato come una bestia. 
Alfre’, ho capito chi è, ma veramente, non lo sapevo che era la sposa tua, dice Marco pensando che forse Alfredo ha visto i messaggi inviati da quella fattona.
Alfre’, comunque non è successo niente, ci siamo fatti un prefone insieme e basta, continua.
Un prefone insieme, sci, dice Alfredo, tu hai provato a pomiciartela, cazzo di amico che sei, fai schifo.
Stavolta è Marco ad alzare la voce. 
Alfre’, primo: è lei che a provato a pomiciare con me, non io. Secondo: la sposa tua è una zezzona, e a me le zezzone non mi piacciono. 
Forse non doveva dirlo. No, non doveva. Alfredo lancia un urlo acuto e una bestemmia, poi spacca la bottiglia sullo sgabello che cade a terra e si lancia verso Marco puntando pericolosamente sulla sua faccia i cocci aguzzi che gli restano in mano. Marco perde l’equilibrio e si appoggia alla pensilina per non cadere a terra.
Quant’è vera la madonna io ti sgozzo!, urla Alfredo.
Immediatamente intervengono Giovanni e lo Stronzo a separarli, afferrando Alfredo per le braccia mentre continua ad urlare io ti ammazzo, pezzo di merda!
Smettetela, non fate i bambini, non è successo niente, dai, dice lo Stronzo mentre trattiene Alfredo che continua a ripetere la sua tiritera di insulti verso Marco, che ora ascolta a testa bassa, con atteggiamento quasi colpevole.
A poco a poco le parolacce e le bestemmie di Alfredo si fanno più flebili. Dai, siete bravi ragazzi, è stato un malinteso, non prendetevela per le sciocchezze, i guai nella vita sono altri, dice lo Stronzo con aria paternalistica e le braccia sulle spalle di Alfredo.

Adesso Alfredo è più calmo. Sei proprio un frichino, dice alla fine, ti fai difendere dallo Stronzo per non prenderci le mazzate. 
Giovanni prova a sussurrare un no ad Alfredo, che si accorge tardi del suo labiale.
Come mi hai chiamato, chiede lo Stronzo.
Alfredo abbassa la testa con evidente imbarazzo. 
Come mi hai chiamato, chiede di nuovo lo Stronzo, con voce bassa ma tesa come una corda di violino.
Non mi riferivo a te, France’,  è Giovanni, Giovanni è lo stronzo, noi lo chiamiamo così, dice Alfredo, e indica l’amico. 
Uno schiaffo fulmineo in pieno viso lo ammutolisce. Alfredo non reagisce, abbassa il viso come un bambino dopo la punizione di un papà severo. 
Lo Stronzo, con il viso rosso come un peperone, rientra lentamente nel bar.
I tre amici sono ora muti, immobili.
Dai, paghiamo e andiamocene, dice Giovanni.
Ma la porta del bar si spalanca di nuovo con un clank maestoso, e lo Stronzo, con il viso rubicondo ferocemente deformato dall’ira, afferra lo sgabello su cui prima era seduto Alfredo, lo solleva e lo lancia con spropositata rabbia addosso al ragazzo, che miracolosamente fa in tempo a spostarsi e lo prende solo di striscio, sulla spalla sinistra, cosa che non gli impedisce di lanciare un gridolino acuto di dolore.
Vent’anni, sono vent’anni, urla lo Stronzo con occhi di bragia mentre il riporto gli cade sul lato sbagliato svelando impietosamente la sua calvizie, sono vent’anni che nessuno mi chiama Lo Stronzo!
Afferra di nuovo lo sgabello e si lancia all’inseguimento di Alfredo, che nel frattempo, con la mano sulla spalla dolorante,  scappa via a gambe levate. Anche Marco e Giovanni se la svignano, in direzione opposta a quella di Alfredo.
Le urla dello Stronzo riecheggiano per i vicoli del centro: vent’anni che nessuno mi chiama lo Stronzo, e poi arriva un cellangulo di vent’anni... Dove sei??? Dove cazzo sei??? 
Giovanni, che abita lì vicino, rientra a casa. D'altronde, Giovanni rientra sempre presto sennò la mamma si incazza.  Marco è da solo, non ce la fa più a correre, ha il fiatone. Ormai le urla dello Stronzo sono svanite, forse è tornato al ristorante, forse ha raggiunto Alfredo e gli ha spaccato lo sgabello sulle corna, forse è morto. Marco è rimasto scosso. Da Alfredo, dallo Stronzo, dalla corsa col fiatone per le vie del centro. Non correva da anni, adesso ha bisogno di relax. Dallo Stronzo non ha pagato, ha ancora venti euro nella saccoccia e sono solo le dieci. Con un po’ di fortuna, fa ancora in tempo a beccare il cellangulo di piazza Verdi. 

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